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04.02.2011 - VICENDA ARPAC: LE DICHIARAZIONI SPONTANEE DI CLEMENTE MASTELLA DAVANTI AL GUP DI NAPOLI
Clemente Mastella si è recato, il 4 febbraio scorso, davanti al GUP di Napoli per rendere dichiarazioni spontanee sulla vicenda Arpac. Ecco il testo completo:
 
Ho scelto, Signor giudice, ho scelto di difendermi nel processo e non dal processo, rendendo dichiarazione spontanea, per il profondo rispetto che ho sempre avuto nei confronti dell'Ordine giudiziario sia come cittadino che come Ministro, e perché credo che, per un politico di estrazione cattolica, ci debba essere una particolare capacità di sottomettersi alla giustizia, che si traduce, però, laicamente in un elemento di forza personale e di virtuosa sensibilità sul piano istituzionale. Ma come raccontava un giovane magistrato, Rosario Livatino, "non ci sarà chiesto, però, se siamo credenti ma se siamo credibili". Ecco la ragione fondamentale per la quale sono qui: per difendere la mia dignità e ripristinare la mia credibilità. Confesso, Signor giudice, che nelle varie sequenze che accompagnano il mio itinerario giudiziario c'è sempre una nuvola nera che sovrasta la chiarezza di visione delle cose; si è formata ad arte, nei miei confronti, una slavina di pregiudizi, di idola, c'è stata insomma quella che in sociologia si chiama "costruzione del panico morale" per creare timori, per allontanare persone fino al punto di far entrare nel senso comune l'idea di un mio modo pernicioso di essere e di fare politica, giudicandola a vanvera con aprioristica ed immotivata sufficienza, se non con disprezzo. Per questo chiedo il suo ascolto severo ma sincero. Pare a me che, così facendo e lavorando ai fianchi della pubblica opinione, c'è chi pensa più a fare giustizia anziché a realizzare giustizia e, allontanandosi dallo spirito delle leggi, a confondere il peccato con il reato, anche se nel mio caso non ci sono né la piena avvertenza, né il deliberato consenso, che sono i presupposti teologici necessari per la eventuale colpa e la successiva espiazione. Pare a me che tutto questo sia una sorta di accusa-simbolo, che cerca di orientare l'esito processuale. Di qui il mio disagio personale che ha dato ad intendere una vulnerabilità rassegnata, sconcertata, mentre sin dall'inizio della vicenda resto, e continuo a restare, prigioniero della sorpresa: cosa ci faccio qua? Condannato ma non colpevole. Pare a me che sia stata data una visione taroccata delle cose - vedi case di proprietà a Ceppaloni, tangenti - per condurmi stressato al traguardo del peggio. E' questa l'autentica creazione del "mostrum" e, nel gioco mediatico e giudiziario di chi offre cosa, la mia offerta è stata fatta apparire prima minoritaria e poi inconsistente a fronte dell'offerta mediatico-giudiziaria di rango industriale, invasiva, estesa in superficie e sotto, ed al mercato dell'opinione pubblica, sono stato per un pò anche sconfitto; anzi, tutto questo ha procurato a me ed alla mia famiglia umiliazioni, danni psicologici alcuni irreversibili, la fine di una carriera, l'estinzione di un partito, dolorose emarginazioni, insomma lesioni esistenziali assai evidenti e significative, violazioni costituzionali delle mie prerogative parlamentari. La mia postura, però, non si è mai scomposta ed ho guardato a tutto ciò con serenità, senza alcuna posa gladiatoria, anche se in molti hanno tentato in questo mio stralunato viaggio dell'assurdo, ed a più riprese, come si disse per Gramsci, "di non far funzionare più la mia testa ed i miei pochi talenti politici". Ho chiesto di esser ascoltato, Signor giudice, nonostante avessi aperto una sorta di vertenza su di me ad essere oggi qui. La mia disubbidienza, però, a questa tesi che ogni tanto si affacciava alla mia mente, è che i frammenti di verità vadano ricercati sempre e comunque ed essi escludono, di per sé, quasi ontologicamente, alchimie, meline ed aritmetiche procedurali. So anche però, dal mio zapping mentale, che quando si è di fronte a solidificate convinzioni, a passaparola, dove l'etica del linciaggio mediatico la fa da padrona, rimuovere queste convinzioni è oltremodo difficile. Credo, però, che il giudice, a questo faccio appello, mentre sono avanti a lei, con atteggiamento umile per riguardo alla sua funzione istituzionale, ma determinato nel far valere le mie buone ragioni, prese a schiaffi, in questi anni, dai tanti manovali della violenza mediatica; credo che il giudice forte della sua sacrale terzietà, non decida mai inseguendo visioni moralistiche, lontane anni luce dai fatti, ma assumendo i fatti stessi nella loro neutralità. Questa è l'imparzialità, che non è mito, ma solo una severa e scrupolosa analisi della realtà per come è. Ho chiesto di essere ascoltato, inoltre, e questo potrebbe anche farla sorridere, perché scatta anche per me da domani, l'età nella quale mia nonna paterna prima e mio padre poi entrarono nel tunnel dell'Alzheimer, e lo dico senza indulgere a sentimentalismi che servano ad aprire spiragli pietistici, e pur facendo i debiti scongiuri rispetto ad una linea genetica che mi può veder soccombere, voglio affermare in piena serenità di giudizio la mia verità, oggi e qui, su quanto si è verificato e su quanto ingiustamente mi viene, ahimè, attribuito, con una lettura dei fatti né reticente, né aggressiva. Mi rendo conto, Signor giudice, che nei miei riguardi, in questo avvio di processo, è stata già delineata una rotta che guarda ad una strana via lattea giudiziaria. Ma mi chiedo: è davvero quella giusta? Occorre per davvero seguire questa traiettoria indicata con un procedere meccanico? O, invece, è doverosamente opportuno esplorare, e sono sicuro che lei lo farà, altre strade e far riferimento ad altre stelle polari? Io non credo, anzi sono certo, che non ci sarà assolutamente da parte sua una scelta pigra, inerziale che in questi casi sviluppa e si concede a codici di rito immodificabili. Mi auguro, invece, che la fedeltà ai fatti, riluttanti a concedersi alle mezze verità o alle non verità, emerga in maniera eclatante, grazie anche alla sua rilettura, signor giudice; questo è il totale atto di fiducia che ripongo in lei. Vede, questo processo, nostro malgrado, ci porrà tutti nella storia politica italiana e tutti saremo giudicati anche chi oggi giudica gli altri perché allora ci sarà la severità storiografica, che forse è più severa della giustizia stessa, e sono sicuro metterà in luce tanti nuovi elementi che oggi o sono in penombra, o non appaiono abbastanza, o sono stati messi deliberatamente da parte. A guardare i fatti di questi giorni, ai conflitti istituzionali permanenti, alle guerre stellari tra poteri dello Stato, al tramonto della Repubblica, credo che la storia non sarà certo indulgente nei confronti di chi, mandando gambe all'aria la mia idea mite della politica tesa a smussare gli angoli, addolcire gli spigoli, anche in rapporto con la magistratura, immaginò il 16 gennaio di tre anni fa, prendendomi a pretesto giudiziario, una rivoluzione copernicana, i cui esiti mi appaiono oggi assai drammatici e devastanti. Ora, Signor giudice, la mia narrazione perde, strada facendo, molte parole, per restare in compagnia dell'essenziale e questo mi porta a dire che le contestazioni vere e proprie, che vengono mosse nell'ambito del presente processo, mi feriscono sia come uomo, che come esponente politico. Dopo aver dedicato un'intera vita al perseguimento di interessi collettivi, mediante un'intensa attività politica, per me è inconcepibile pensare che mi venga contestato il reato di promozione di un'associazione per delinquere esclusivamente per la mia qualità di segretario nazionale del Partito Udeur; peraltro starei per dire una specie di segretario interprovinciale, visto che gli addebiti si riferiscono solo a tre aree territoriali locali e non all'intero Paese e per di più questo mio delinquere, come se la malattia senile mi avesse già preso, interviene solo e soltanto nel periodo della mia esperienza di Ministro della Giustizia, da cui dopo gli addebiti ingiusti mossimi, e pagando un costo altissimo, mi sono dimesso per serietà istituzionale con un gesto di cui la vita politica italiana è assai avara e non credo che questo appartenga ai codici di onore delle associazioni per delinquere. Non ho già pagato abbastanza? Come non ritengo che ci sia un'associazione a delinquere di magistrati, ed a questa tesi mi sono opposto quando svolgevo il mio ruolo istituzionale di Ministro della Giustizia, prima di questa mia funzione ed anche oggi, così ritengo che non ci possa essere, né ci sia, un partito che nasca con l'idea di costituirsi come associazione criminosa per delinquere. Respingo con sdegno questa tesi sia perché lo debbo alle centinaia di migliaia di persone che in buona fede hanno contribuito alle nostre affermazioni, sia perché lo debbo a quanti, con generosità, si sono impegnati in un percorso politico lineare e democratico, soprattutto nel Sud che grazie alla nostra presenza non è mai stato, come oggi, alla periferia delle cose italiane. C'è sempre chi all'interno di un'associazione anche politica può deragliare, fare uno strappo, coltivare l'eresia della illegalità, ma questo non può portare assolutamente alla messa in discussione del disegno politico, e solo politico, che un partito persegue. Peraltro, mi piace sottolineare che mai c'è stato un Comune, dico uno, e ne abbiamo amministrati tanti nel Mezzogiorno, centinaia, che a differenza di altri partiti sia stato sciolto per infiltrazioni, estraneo a logge e difensore strenuo del 41 bis. Ed è stato tanto lo zelo di essere in confidenza con le leggi che io mi ritrovo, Signor giudice, ad esser l'unico segretario politico condannato a risarcimento danni per 150 milioni di vecchie lire per aver tolto dalle liste una persona che risultava avere un qualche problema penale, anzi più di un qualche. Sto ora alla narrazione giudiziaria. L'accusa che mi viene mossa assume l'esistenza di un ampio sodalizio costituito da un gruppo di persone, definiti vertici del partito, non mi pare nazionali, però, che avrebbe stretto un accordo criminoso contestualmente alla costituzione dell'organismo politico; non è un caso che si faccia coincidere la nascita del sodalizio criminale con la fondazione dell'Udeur, avvenuta nel 1999, ma ancora più inconcepibile, forse, è ipotizzare che io abbia proposto un'associazione finalizzata a commettere delitti e in relazione ai quali, però poi, sono risultato talmente estraneo che lo stesso PM, e di questo gli dò atto, non ha formulato alcuna accusa nei miei confronti Ma se per caso il mio partito fosse condannato per un qualcosa davvero di illogico e di irrazionale, allora, paradossalmente, ne dovrebbe discendere che tutti gli atti prodotti hanno avvelenato e falsificato la storia politica recente del nostro Paese; significa cioè che dovrebbero essere dichiarate illegittime le elezioni di due Capi di Stato, come Ciampi e Napolitano, illegittimi i Governi D'Alema, Amato e Prodi, dovrebbero essere dichiarate illegittime le elezioni di diversi CSM, dovrebbero essere dichiarate illegittimi diversi giudici costituzionali eletti dal Parlamento, perché è là che l'attività di questo partito, noto per delinquere, come si legge negli atti di accusa, si è svolta. Ma davvero, Signor giudice, lei mi vede e mi immagina là nella mia Ceppaloni, chiamare a raccolta nuclei dirigenti da tutta Italia per fondare un partito con l'unico scopo ed unico argomento all'ordine del giorno "Costituzione dell'Udeur come associazione per delinquere" e magari le gazzette locali la raccontavano all'epoca così: "scroscianti applausi ed apprezzamento unanime per una scelta così nobile e così politicamente rilevante, atta a promuovere il malaffare, nati per delinquere". Quanto ai delitti commessi, appare emblematico rilevare come non sia stato possibile contestarmi alcuno dei numerosissimi reati inerenti alla gestione dell'Arpac, che pure - secondo la tesi accusatoria - dovrebbe rappresentare la sede primaria nella quale si sarebbero realizzate le condotte illecite che avrebbero rappresentato la finalità della presunta associazione criminale. In buona sostanza, secondo le eccentriche ipotesi accusatorie, io sarei promotore di un'associazione nell'ambito della quale i partecipi avrebbero commesso un cospicuo numero di reati tenendomi completamente all'oscuro di tutto. Bel Capo dei Capi a non sapere quanto accadeva nel suo perimetro o a non dirigere le operazioni perché le cose accadessero. Capo 9 Sono stato, inoltre, accusato di concorso in abuso di ufficio, per una "segnalazione" che avrei fatto al Direttore dell'Arpac. In proposito posso solo dire di non aver mai preso contatto né direttamente, né indirettamente con il Direttore, per raccomandargli una persona a cui conferire illegittimamente un contratto di collaborazione (co.co.co). Un precario, di questo si tratta, e non un remunerativissimo contratto "ad personam". Aggiungo, anzi, di ignorare completamente persino la disciplina stabilita dalla legge per l'attribuzione di tali contratti. Pertanto, non avrei mai potuto suggerire al Direttore di compiere atti illegittimi per favorire qualcuno. D'altro canto, Signor giudice, davvero non riesco a comprender il motivo per il quale il PM non abbia iscritto la notizia di reato nei confronti di tutti i cosiddetti segnalatori, e ciò anche quando, come nel mio caso, la segnalazione avrebbe riguardato un unico, e sottolineo unico nominativo, a fronte di 600 segnalati, e sarebbe stata desunta soltanto dall'annotazione effettuata dalla segretaria del Direttore, indistintamente per tutti i presunti segnalatori. Sotto diverso profilo, le posso rappresentare che nel corso della mia carriera politica è capitato più volte, che persone a me completamente estranee si presentassero a terzi millantando presunti rapporti personali con me per ottenere quantomeno maggiore considerazione. Ritengo che ciò accada purtroppo a tutte le persone un pò in vista, e non soltanto ai politici. Confesso però di non comprendere la rilevanza penale di siffatte condotte, di certo a me non addebitabili. Capo 20 Sono stato accusato di aver concorso nella concussione ai danni di Mininni, Direttore dell'Ospedale Santobono di Napoli, la cui volontà sarebbe stata coartata affinché nominasse come primario il dott. Rolando Bruno, peraltro già primario, da quanto ho letto nelle carte. L'accusa mi sembra davvero sorprendente dal momento che non ho esercitato mai alcuna attività di pressione nei confronti del Mininni finalizzata a favorire tale dott. Rolando Bruno - allego e le leggo quanto alla Stampa di Torino in data 23/10/2009 ebbe a dichiarare sollecitato da un giornalista il dott. Mininni: "Non ho mai ricevuto a riguardo una telefonata di Clemente Mastella". Il dott. Rolando Bruno non ricordo chi sia, né sapevo chi fosse fino a quando non ho letto il capo di imputazione, nessuno mi ha mai parlato delle vicende che riguardassero il dott. Rolando Bruno, quindi non riesco a capacitarmi su quali basi si possa sostenere questa accusa nei miei confronti. Le contestazioni suppletive Capo 31), artt. 81 cpv., 646, 640 cpv, 316bis c.p. Mediante tale ultima contestazione, il Pubblico Ministero mi addebita la consumazione di plurime fattispecie di reato, facendo riferimento ad una vicenda “suggestiva”, di natura prettamente civilistica, nella quale ho assunto un ruolo meramente marginale. Soprattutto stento a comprendere in che cosa sarebbe consistita questa truffa aggravata che oltretutto sarebbe architettata da me. Infatti, credo sia sfuggito agli inquirenti che questo appartamento è stato acquistato a prezzo pieno e di mercato, senza alcuna riduzione o beneficio, neppure quelli che abitualmente sono stati praticati in questi anni agli inquilini nelle vendite da parte degli Enti di Stato. E’ pure paradossale pensare che ci sia stata una manovra preordinata da me dietro questo acquisto. Infatti, è ancora una volta sfuggito che la decisione di comprare non è stata assunta da me o dai miei figli ma direttamente ed esclusivamente da Tancredi Cimmino, oltre un anno prima che abbandonasse l’Udeur e cedesse le quote. Infatti, è stato Tancredi Cimmino ad esercitare il diritto di prelazione che gli era stato offerto dall’Ente proprietario dell’immobile (e, sia chiaro, non solo a lui ma a tutti gli inquilini dello stabile di via Arenula, 34 e di molti altri palazzi dell’Inail). Infine, leggo nelle carte che io ed i miei figli avremmo sfruttato il denaro pubblico versato dallo Stato alla cooperativa che editava il giornale dell’Udeur perché la cooperativa pagava l’affitto di questo appartamento alla società di cui, anni dopo la stipula del fitto, avrebbero acquisito le quote i miei figli. Ma se la cooperativa avesse locato un appartamento altrove non avrebbe forse ugualmente pagato un affitto? In quel caso non ci sarebbe stata truffa? O forse la truffa si ipotizza solo perché l’appartamento è diventato di proprietà dei figli di Mastella? Quello che è certo è che la cooperativa, proprio perché editava il giornale dell’Udeur, pagava un canone inferiore a quelli di mercato. Tant’è vero che, quando il giornale ha smesso di essere pubblicato dopo le vicende giudiziarie del 2008 e l’immobile è stato affittato ad altri, la società ha convenuto un canone di gran lunga superiore, come pure hanno documentato i miei avvocati. Mi sia consentita un’ultima considerazione. Da uomo che ha speso tutta la vita nelle Istituzioni, ho alto il senso dello Stato nelle sue articolazioni democratiche e la mia presenza rispettosa qui lo dimostra. Ancora meno credo alla teoria dei complotti. Tuttavia, ritengo altrettanto doveroso sottolineare che questa vicenda era stata già vagliata in passato dall’Autorità giudiziaria, con un procedimento che si è chiuso in un nulla di fatto. Perché nulla c’è. Confesso che da quanto mi è capitato, e che mai avrei immaginato, neppure ipotizzando un destino traumatico e profondamente avverso, mi ritrovo come Giobbe ad avere amore per la giustizia, ma un dubbio enorme: avere fede nella giustizia. Confesso che recuperare anche questo valore della giustizia non dipende più da me. Fiducioso che l’Ill.ma S.V. ritenga insussistenti le accuse mosse nei miei confronti e che, pertanto, emetta una sentenza di non luogo a procedere in ordine a tutti i capi di imputazione a me contestai, La ringrazio per l’attenzione che mi ha prestato.

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